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Palazzo Blu

I primi insediamenti sul sito del palazzo risalgono al secolo XI, al periodo della massima potenza della Repubblica marinara di Pisa; ad un’epoca di poco successiva (XII secolo) appartiene l’elemento di casatorre in pietra, mentre la sottostante strada, ancora oggi visibile nel corridoio a piano terra che conduce all’ingresso delle mostre temporanee assieme alle antiche strutture edilizie, è databile ad un periodo tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo.

Eventi

Palazzo Blu

Lungarno Gambacorti, 9, 56125 Pisa PI

Una serie d’interventi ha recuperato numerosi ambienti destinati, assieme alle scuderie, alle esposizioni temporanee e all’auditorium. È stato realizzato anche un suggestivo spazio, una corte interna, coperto da un grande lucernario, e sono stati recuperati lo spazio retrostante del cortile e il prospetto dipinto delle scuderie.
La storia del palazzo

I primi insediamenti sul sito del palazzo risalgono al secolo XI, al periodo della massima potenza della Repubblica marinara di Pisa; ad un’epoca di poco successiva (XII secolo) appartiene l’elemento di casatorre in pietra, mentre la sottostante strada, ancora oggi visibile nel corridoio a piano terra che conduce all’ingresso delle mostre temporanee assieme alle antiche strutture edilizie, è databile ad un periodo tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo.

Il palazzo era posto in posizione strategica, all’imboccatura del ponte che già nel X secolo attraversava il fiume, di fronte alla Porta Aurea della città precomunale, nei pressi dell’antichissima chiesa di S. Cristina (dove S. Caterina da Siena riceverà le stimmate) e a breve distanza dal palazzo dell’importante famiglia dei Gambacorta, oggi sede del Consiglio Comunale. L’edificio ha ovviamente subito nei secoli distruzioni, ricostruzioni, modifiche e abbellimenti da parte dei suoi vari proprietari, spesso esponenti delle più potenti famiglie cittadine. Nel Medioevo l’edificio appartenne ai Sismondi, ai Buonconte e a Giovanni dell’Agnello, primo e unico “Doge” di Pisa, che vi costruì la sua dimora alla metà del Trecento. Successivamente il complesso passò ai Sancasciano e ai Del Testa, ai quali si deve la struttura tardo-cinquecentesca che il palazzo conservò fino al XVIII secolo, quando fu oggetto di ulteriori modifiche, che interessarono soprattutto l’interno. Il Palazzo appartenne quindi di nuovo a un ramo dei Del Testa, poi ai Bracci Cambini e agli Archinto. Alla seconda metà del XVIII risale il colore esterno del palazzo, realizzato forse per soddisfare il gusto degli ospiti di San Pietroburgo che ebbero occasione di soggiornarvi a partire dal 1773. Al tardo Settecento e agli esordi del secolo successivo devono essere ascritte molte delle decorazioni delle sale, alle quali il restauro ha ridato vita (ma con labili tracce delle decorazioni medievali). L’ultimo importante intervento sul palazzo, che gli diede l’aspetto che ancora conserva, risale agli anni dopo l’Unità d’Italia. Fu infatti il conte Domenico Giuli, proprietario del palazzo, che acquistò nel 1864 dal Comune di Pisa un tratto del vicolo fra via dell’Olmo e via del Cappello, edificandovi una nuova ala verso est che rendeva simmetrica la facciata, scandita da cinque ampie finestre in luogo di quattro. In questo modo l’ampio edificio si collegava al palazzetto Casarosa, anch’esso di proprietà Giuli, configurandosi come uno dei più significativi edifici tra quanti arricchiscono l’ampio scenario falcato dei lungarni. Abitato dalla famiglia dei Conti Giuli Rosselmini Gualandi fino agli anni Settanta del Novecento, il Palazzo è stato poi acquistato nel 2001 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, oggi Fondazione Pisa, che lo ha completamente restaurato e reso accessibile al pubblico a partire dal 2008.

Il recupero

Il progetto di recupero, conclusosi nel 2007, ha tenuto conto delle caratteristiche degli edifici, suddividendo il complesso in aree con diverse funzioni. Il corpo principale, prospiciente il Lungarno, ospita l’esposizione permanente delle collezioni d’arte (secondo piano), la dimora nobiliare e la Collezione Simoneschi (piano primo), la sezione dedicata all’archeologia e alla storia medievale (seminterrato) ed un ulteriore spazio per usi diversi al piano attico

I lavori hanno interessato le strutture del palazzo, sostituendo in alcuni casi i materiali molto degradati e, in altri, attivando operazioni di consolidamento indirizzate soprattutto alle scale principali, alle volte in mattoni ed a molti solai lignei. I pavimenti originali sono stati in buona parte restaurati e, dove ciò non era possibile, ricostruiti con materiali analoghi. Restaurato anche l’importante apparato decorativo per un totale di oltre 800 metri quadri di superficie che occupano più di venti ambienti. Sono stati inseriti quattro nuovi ascensori e due scale, smontato e ricostruito il tetto con una nuova orditura di travi e travicelli di legno, sulla quale è stato ricollocato il vecchio manto di tegole di cotto e realizzati blocchi di servizi a ogni livello.

La parte del complesso edilizio maggiormente degradata era quella degli edifici di scarso pregio retrostanti il Palazzo principale. Una serie d’interventi ha recuperato numerosi ambienti destinati, assieme alle scuderie, alle esposizioni temporanee e all’auditorium. È stato realizzato anche un suggestivo spazio, una corte interna, coperto da un grande lucernario, e sono stati recuperati lo spazio retrostante del cortile e il prospetto dipinto delle scuderie. Importante è stato anche l’intervento sugli impianti dell’intero complesso, progettati per non incidere in maniera invasiva sulle strutture storiche. In particolare, sono stati realizzati un sofisticato sistema termo-idraulico ed uno meccanico, in grado di soddisfare le esigenze espositive della struttura per il controllo della temperatura, del ricambio dell’aria e del grado d’umidità relativa degli ambienti.

Gli interventi sono stati realizzati seguendo criteri di semplicità, senza prevaricare lo spazio antico e con una progettualità leggera eppure riconoscibile, come nel caso della grande vetrata di collegamento tra il palazzo e le vicine scuderie. La particolare colorazione “celeste color del cielo” dell’esterno del palazzo, risalente alla fine del ‘700, è stata riproposta con la tecnica “a fresco” tipica dell’epoca.